introduzione al design thinking
Il sesto e ultimo corso è stato tenuto dal dottore Federico Dallanoce, Managment Consultant presso il Centro d'Eccellenza Complexity & Collaboration Officina di Bip. Il design thinking spiega come un approccio human centre, cioè che mette al centro dell'attenzione le persone, può essere usato per risolvere problemi complessi. Durante il corso ci è stato mostrato cos'è il design thinking, quali sono le sue fasi passando dalla teoria alla pratica vedendo come si utilizza di design thinking e per concludere ci è stato spiegato come dare e come ricevere feedback.
Il design thinking si concentra su problemi complessi e ha l'obbiettivo di risolverli con la raccolta di informazioni attraverso le persone che stanno sperimentando questi problemi. Il design thinking è un processo non lineare e interattivo che utilizzano i team con lo scopo di comprendere gli utenti, sfidare le assunzioni, ridefinire i problemi e creare soluzioni innovative da testare. La modalità classica del design thinking ha cinque fasi: emphatize, define, ideate, prototype e test; dato che però è un processo non lineare e interattivo si può passare linearmente attraverso queste fasi ma si può anche saltarne alcune. C'è un altro modo di rappresenatre il design thinking cioè il Double-Diamond che ha due punti fondamentali l'espansione o divergenza cioè la ricerca di soluzioni, idee e informazioni e la convergenza cioè la concertaione su una determinata caratteristica. E' fondamentale inquadrare nel primo diamante qual'è il problema, nel secondo diamante invece si cerca un gran numero di soluzioni al problema per poi andare a cercare la soluzione o le soluzioni ideali. In fine si possono unire questi due modelli (cinque fasi e double diamond) dove si avrà come prima fase l'empahatize dove è importante creare una forte divergenza raccogliendo il maggior numero di informazioni si chiude poi il primo diamante con la prima convergenza che è la fase di define dove si definisce concretamente il problema, da qui si riapre il diamante con la seconda fase di divergenza dove si trovano il maggior numero di soluzioni possibili è la fase ideate ed infine chiudendo nuovamente nella seconda fase di convergenza trovando le idee più adatte alla soluzione del problema attraverso le fasi di prototype e test. Successivamente ci ha spiegato nel dettaglio le cinque fasi, il primo step è "Empahatize" cioè empatizzare con le persone che compongono il nostro target, occorre raccogliere informazioni sulle persone e stabilire un rapporto amichevole. Grazie all'empatia riusciamo a capire come gli individui svolgono determinate azioni e perché, le loro esigenze fisiche ed emotive. Entrare in empatia consente di dedurre il significato di esperienze e manifestazioni fisiche con lo scopo di arrivare ad intuizioni chiave. Per empatizzare occorre osservare il comportamento degli utenti, poi bisogna coinvolgerli intervistando i clienti ponendo delle domande ma allo stesso tempo lasciando che la conversazione sia spontanea infine bisogna guardarli ed ascoltarli. Ci sono delle regole fondamentali: osservare i clienti e porre domande, per esempio cosa? perché? e come?; è meglio essere sempre in coppia durante le interviste per riuscire a prendere meglio gli appunti, ci si può aiutare con materiale multimediale come foto, video, registrazioni; bisogna fare domande in modo neutro e aperto così da non influenzare la risposta, si deve fare fluire l'intervista su strade inaspettate senza necessariamente seguire le domande che ci siamo scritti, non bisogna avere paura del silenzio ma lasciare che le persone si prendano il proprio tempo per rispondere, osservare ogni dettaglio del corpo e dei movimenti intervistare persone il più possibile diverse tra loro. Dopo di che ci ha mostrato come strutturare al meglio un intervista, si parte dal focus cioè capire qual'è l'obbiettivo e quali sono i temi che vogliamo trattare, poi c'è l'apertura dove occorre fare tre domande aperte per poter conoscere meglio il nostro intervistato, lo sviluppo composto da tre domande che che permettono di esplorare aneddoti, storie e curiosità sugli interlocutori ed infine c'è l'approfondimento dove si pongono domande e ipotesi più profonde. Occorre esercitarsi molto per poter condurre un'intervista adeguata e raggiungere il nostro scopo cioè di avere un portafoglio completo. La seconda fase trattata è quella di "Define" dove l'obbiettivo principale è quello di dare un senso alle informazioni raccolte durante la prima fase, altro obbiettivo è quello di creare un'affermazione significativa e attuabile del problema basata sulle esigenze emerse durante l'intervista. Questa fase è fondamentale per il processo di progettazione perché si traduce nel nostro punto di vista, un elemento essenziale della fase di define è la generazione di insight cioè scoperte ed intuizioni che possono essere utili per superare la nostra sfida, per creare insight bisogna prima di tutto riportare su dei post-it le informazioni che abbiamo ricevuto durante l'intervista poi si spostano tutti post-it su un muro/scrivania e si avvicinano quelli che possono essere simili e che trattano lo stesso tema quetsta fase si chiama cluster infine si cerca di trovare la soluzione, un'intuizione che unisce con un filo logico tutti questi gruppi. Uno dei modelli che ci permette di passare dalle osservazioni sul campo alla clusterizzazione è il "Disney Compass Model" che viene utilizzato nel mondo Disney per analizzare la costumer service, questo modello clusterizza le informazioni secondo i quattro punti cardinali: nord= needs cioè i bisogni delle persone, est=emotions cioè le emozioni, south= stereotypes overo gli stereotipi che sono radicati nelle persone e west= wants ossia i desideri delle persone. I bisogni (nord) si riferiscono ai requisiti di base che devono essere soddisfatti in un individuo solitamente sono costanti nel tempo e rappresentano necessità. I desideri (west) sono beni e servizi che un individuo ama avere e possono cambiare nel tempo. Gli stereotipi (south) sono concetti astratti e schematici che possono avere significati positivi, neutrali o negativi e sono credenze radicate che però possono essere cambiate. Le emozioni (est) sono quelle che spngono gli interlocutori a compiere una scelta, le persone tendono a ricomprare prodotti o servizi associati ad emozioni forti e positive. Poi ci ha spiegato che cos'è la challenge, la challenge è la nostra sfida personale che riusciamo a risolvere dopo aver seguito il processo di design thinking. La challenge ha delle caratteristiche specifiche: è libera ovvero non bisogna includere una soluzione nella challenge, sa ispirare perché è generativa e da ispirazione, è specifica dato che ha uno specifico target, è puntuale perché si concentra su un bisogno, è aperta perché scopre aree inaspettate ed è definita per rendere il tema affrontabile. La challenge deve rivolgersi ad una specifica categoria di persone, deve contenere un'azione concreta e deve avere un cambiamento non solo fisico ma anche mentale/emozionale. Il processo della challenge è composto da quattro punti fondamentali: scartare subito gli insigh più deboli e inusuali, trasforma i tre insigh più promettenti in opportunità, usare solo verbi in forma attiva e di inserire almeno un emozione ed infine scegli la tua sfida. Successivamente Federico ci ha spiegato che cos'è la fase di "Ideate", questa è la fase in cui ci si concentra sulla generazione di idee perciò fornisce il materiale di partenza per ottenere soluzioni innovative. Questa fase è importante perché permette di passare dall'identificazione del problema alla creazione di soluzioni, l'dea è la nostra possibilità di utilizzare l'immaginazione per costruire prototipi di soluzione. I primi passi dell'ideazione consistono nel trovare il maggior numero di idee per risolvere il problema e successivamente di scremarle per trovare quella migliore attraverso i feedback degli utenti ottenuti durante i test. Anche in questo passaggio ci sono delle regole fondamentali: non giudicare le idee altrui, incoraggiare le idee folli, incrementare le idee altrui, fare una conversazione alla volta e cercare di raccogliere la più vasta quantità di idee possibili. Di seguito ci ha dato tre tecniche per generare idee, il primo è il "Crazy 8" che è possibile fare da soli o anche con altre persone e consente di generare un massimo di otto idee, per svolgere correttamente questo esercizio bisogna dedicare il giusto tempo ad ogni idea (massimo un minuto), spiegare la nostra idea nel modo in cui ci viene meglio disegnando, scrivendo oppure colorando e anche qui raccogliere molte idee. Il secondo metodo e anche quello più libero si chiama "Yes &..." occorre avere un blocchetto di post-it e su ognuno di questi descrivere brevemente l'idea e incollare i foglietti su una parete, le persone che stanno lavorando con noi dovranno aggiungere altri post-it, affianco agli altri, con altre idee oppure aggiungendo delle caratteristiche alle altre idee già presenti sulla parete. In questo capitolo Federico con un collega hanno fatto vedere in tempo reale un esempio di "Yes &..." al computer. L'ultimo esercizio è intitolato "Lotus Blossom" che è una modalità del metodo precedente ma all'interno di uno schema, perciò con questo metodo si generano idee secondo uno schema molto ordinato, si collegano tra loro le idee prodotte dando a tutte la stessa importanza e si compone uno schema ordinato e facilmente comprensibile da tutti. Con questo metodo si crea un'idea centrale dalla quale si costruiscono altre otto idee e da queste ultime si creano altrettante idee simili. Per farci capire meglio anche qui ci è stato fornito un esempio concreto. In tutti questi metodi bisogna però porre dei limiti, non tanto per limitare la nostra creatività ma per concentrarsi meglio, si ricorre ai limiti quando non si hanno ulteriori spunti di riflessione per generare nuove idee. Prima di proseguire con la prototipazione bisogna convergere dalla grande quantità di idee generate verso una o due idee principali, per farlo si può passare attraverso una PayOf Matrix uno strumento che aiuta a classificare le idee secondo due direttrici. Un altro modo democratico per convergere verso un sottoinsieme di soluzione è una sessione di voti, può essere una semplice votazione della idea migliore secondo i componenti del team oppure più complessa per esempio consegnando ad ognuno dei partecipanti tre bollini colorati, uno verde per le idee migliori per i clienti, uno giallo per idee che coinvolgono lo status quo e uno blu per le idee più facili da mettere in atto da applicare su tre idee diverse. La penultima fase è quella della prototipazione cioè artefatti creati in modo interattivo destinati a delineare con precisione crescente, nelle prime fase del progetto i prototipi tendono ad essere veloci ed economici e sono strumenti utili per stimolare feedback da parte degli interlocutori, sono più complessi e raffinati quando ci si avvicina alla soluzione definitiva. Un prototipo è qualsiasi cosa con cui un utente può interagire come un muro di post-it, un oggetto assemblato, uno storyboard o un gioco di ruolo, in questa fase è importante raccogliere i feedback qualitativamente e quantitativamente esaustivi per questo occorre generare emozioni nell'interlocutore facendo toccare con mano le idee. Bisogna iniziare a costruire anche se non si è sicuri di quello che si sta facendo, raccogliere materiali è un buon modo per iniziare, non bisogna spendere tempo su un solo prototipo. Si deve costruire il prototipo pensando al nostro utente e identificare una variabile cioè ciò che viene testato con ogni prototipo. Ciò che si sta cercando di testare e come si intende testare quell'aspetto sono punti fondamentali da definire prima di creare un prototipo, non bisogna infatti dare per scontato di poter mettere un prototipo davanti a un utente per testarlo. Ultima fase sono i test, attraverso i test è possibile sollecitare un feedback rispetto ai prototipi creati da parte degli utenti per cui questi prototipi sono stati realizzati, è il momento di indagare nuovamente a fondo concentrandosi su ciò che si può imparare dalla persona sul problema e sulle soluzioni. Una regola fondamentale è prototipare sempre come se si sapesse di avere ragione ma testare come se si sapesse di avere torto. I test servono per perfezionare prototipi e soluzioni, per saperne di più sui clienti e per perfezionare la challenge. E' fondamentale mettere il prototipo nelle mani dell'utente lasciando che sia il tester a interpretare il prototipo, creare delle esperienze e occasioni di conforto.
Prima di arrivare alle conclusioni abbiamo affrontato il tema del Feedback al cui interno possiamo individuare due soggetti: chi da il feedback (lead) il quale deve inquadrare il contesto, calibrare il suo feedback, accettare il cinismo radicale del cliente e essere preciso; chi lo riceve (follow) che deve definire tempo/spazio per definire il feedback, spiegare cosa sta cercando, fare domande specifiche ed essere coraggioso senza prenderla sul personale. A fine intervista il lead deve fare pratica e lasciare spazio alla riflessione mentre il follow deve individuare degli schemi e lasciare spazio alla riflessione. Nelle conclusioni Federico ci ha ripetuto che è molto importante capire la challenge, strutturare l'intervista, non avere paura del giudizio, creare un team di design che possa supportarci e molto importante è svolgere le interviste nel modo più approfondito e profondo possibile. Non bisogan fermarci alla prima generazione di idee o alla prima delle modalità viste, perché le idee nascono dal confronto, dalla ricerca e dalle intuizioni nostre e del nostro team. I prototipi non devono essere per forza perfetti ma si possono realizzare con quello che abbiamo. In fine attraverso la fase di test riusciremo a capire cosa funzione e cosa no del nostro lavoro, importante è non scoraggiarsi perché il design è fatto di fase che occorre fare e rifare per poter arrivare ad un prodotto di cui andremo fieri.
Ho trovato quest'ultimo modulo più difficile rispetto agli altri, forse perché parlava di cose che non avevo ma fatto prima o forse perché non mi è piaciuto molto il modo di spiegare di Federico Dellanoce. Nonostante questo grazie agli esempi e al video di spiegazione che ha creato con il suo collega sono riuscita a capire che cos'è il design thinking e di che cosa si occupa.
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